Ottobre 8, 2024

Sardegna: Entra nel vivo la discussione sulla transizione energetica. Il ruolo ambiguo delle consultazioni popolari.

(nella foto megabattery Tesla per accumulo energia da rinnovabili)

Bolotana propone un referendum sulla nuova megacentrale.

E’ in corso alla Regione Sardegna la valutazione di impatto ambientale e di incidenza ambientale (Via) relativo al progetto per la “realizzazione di un impianto per la generazione di energia elettrica da fonte solare fotovoltaica della potenza nominale di 85,80 Mw, da realizzare nell’agglomerato industriale di Ottana, Comune di Bolotana, presentato nel mese di Aprile 2020 dalla società Acea Solar srl”.

Come è naturale che sia, la Giunta comunale interessata intende avere voce in capitolo nel merito del progetto che interesserà il proprio territorio. Si appresta quindi a farlo consultando la popolazione mediante la procedura della cosiddetta consultazione nella forma della pubblica inchiesta, in pratica indicendo un referendum popolare nel merito del progetto.

Le preoccupazioni degli amministratori sono, naturalmente numerose e più che legittime, quella che preoccupa più delle altre è la dimensione del mega impianto (85,80 megawatt con 10 Mw di accumulo) che, a parere della Giunta comunale, potrebbe creare le condizioni per una desertificazione del territorio.

Consultazione della popolazione nella forma della pubblica inchiesta (referendum)

Come riporta una recente delibera della Giunta comunale di Bolotana, l’intervento comprometterebbe il territorio senza assicurare, nel frattempo, vantaggi proporzionali in termini compensativi alle comunità che lo abitano, né adeguate ricadute economiche e occupazionali.

Preoccupazioni emergono infine anche sul fatto che, relativamente alla predisposizione di tali interventi sul territorio, le comunità locali vengono, di fatto, estromesse da qualunque possibilità di partecipare a un processo decisionale di progettazione dal basso che porti a uno sviluppo eco e socio- sostenibile del territorio.

Analogamente ci si preoccupa pure dei futuri problemi di smaltimento dei materiali che costituiscono gli impianti una volte che gli stessi saranno dismessi. Anche perché non si conoscono le reali criticità da qui al medio e lungo periodo derivanti dalla dismissione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, i cui materiali di produzione dovranno essere adeguatamente smaltiti al termine del ciclo produttivo, né le attività e le risorse necessarie a garantire il ripristino dello stato dei luoghi.

Ritengo che il modo di rapportarsi al problema dell’insediamento di un mega impianto per la produzione di energia elettrica potrà essere emblematico di situazioni analoghe che si manifesteranno nei prossimi mesi. Quale è il problema fondamentale?

La transazione energetica tra dubbi atavici e desiderio di progresso nel rispetto dell’ambiente

Accettare o meno interventi di transizione dall’attuale sistema di produzione dell’energia elettrica nella nostra isola, ponendosi il problema dell’abbandono dei combustibili fossili che tanta parte hanno avuto e hanno nella devastazione dell’ambiente. Intraprendere una nuova politica industriale orientata all’indifferibile necessità di impiego di fonti energetiche pulite e compatibili con la tutela ambientale.

Tutti concordano sulla necessità dalla transizione ecologica, i problemi sorgono quando si comincia a entrare nel merito del dove, come e quando tale transizione dovrà essere realizzata.

I piani di intervento in discussione, sia quelli presentati recentemente dal Ministro della Transizione ecologica, sia i precedenti piani di intervento territoriale in attesa di valutazione di impatto ambientale presso la Regione, sono il risultato del lavoro di importanti e qualificati gruppi di esperti, di staff di progettisti capaci che fanno capo a grosse società di importanza nazionale e internazionale che, naturalmente possono essere oggetto di esame e discussione, di riflessione politica per quanto concerne le linee programmatiche fondamentali. Difficilmente si prestano invece all’esame diretto dei cittadini per quanto concerne gli aspetti strettamente tecnici. Per capirci meglio, quale apporto potrà fornire la popolazione di un piccolo comune, consultata con referendum, su quale debba essere la dimensione ottimale di un impianto di produzione di energia fotovoltaico?

Altro discorso sarebbe se le comunità locali, magari riunite in consorzio, stabilissero di consultare esperti di loro fiducia per esaminare i progetti proposti, valutarne le eventuali criticità e suggerire modifiche e integrazioni che, in questo caso si, potrebbero avere un “peso” reale nelle trattative e nelle consultazioni. Fin da tempi antichi i referendum affrettati del tipo “chi volete libero Gesù o Barabba” non hanno sempre espresso l’indicazione migliore.

Fuori di metafora penso che il sacrosanto diritto delle comunità locali debba esprimersi, possa contare. Ma affinché ciò avvenga, occorre senza dubbio e con decisione sgombrare il campo da pregiudizi radicati, da diffidenze non sempre giustificate, da rifiuti aprioristici delle nuove tecnologie e delle indicazioni dei tecnici e degli scienziati, avendo il coraggio di saltare il fosso, di immaginare un futuro con meno CO2, con uno sviluppo più attento alle condizioni di vita e di lavoro. Non fare nulla o rifugiarsi in “su connotu” è pura demagogia.

La programmazione del futuro non può essere progettata assemblearmente

Chi volete che predisponga i piani di intervento e progetti gli impianti necessari se non società di provata competenza come Enel, Tesla e altre simili? O vogliamo credere che la “Pro loco” di uno dei nostri paesi potrebbe fare di meglio? Certamente occorre vigilare sui progetti di riforma del sistema produttivo, sugli interventi che mirano esclusivamente alla rapina delle risorse, sulle operazioni per gran parte gestite dal malaffare (per esempio molti impianti eolici oggetto delle attenzioni della Magistratura), e questo è un problema serio e importante per i nostri amministratori. Liberiamo però il campo e le menti dalle ricostruzioni fantasiose quali la violazione della cosiddetta autonomia energetica, l’imposizione di nuove servitù energetiche, l’elettrodotto sottomarino con la Sicilia e la Campania che consentirebbe all’isola gemella di rubare il sole e il vento di Sardegna e altre panzane. E non dimentichiamo che è auspicabile e necessario che chi manifesta serie e documentate riserve sui progetti di riforma in atto si senta moralmente impegnato a proporre alternative reali e concrete, progetti sostitutivi altrettanto o molto più validi, non soltanto chiacchiere.