Ottobre 8, 2024

Ferrovia e Trasporti. Che fare in Sardegna?

30 agosto 2021   EditorialeNew

Quando è stata resa pubblica la ripartizione fra le regioni dei primi fondi destinati a trasporti e mobilità, del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (Pnrr), il presidente Solinas e il suo mega staff hanno capito che alla Sardegna sarebbero spettate soltanto le briciole del finanziamento e, come da consolidata tradizione, hanno cominciato a protestare contro il governo che non concedeva all’isola finanziamenti adeguati ai bisogni e alle necessità. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono levate le proteste, stavolta unitarie, dei parlamentari sardi, anch’essi convinti della discriminazione subita dalla Sardegna nella ripartizione dei fondi europei.

Le nuove ferrovie italiane che saranno ristrutturate con i fondi del Pnrr vedranno ridursi il tempo medio di viaggio in treno del 17%, aumentare il passaggio dal trasporto su gomma a quello ferroviario, aumentare i passeggeri trasportati dal 6 al 10% e le merci dall’11 al 16%. Tutto ciò però non riguarderà per niente la Sardegna. Nell’isola arriveranno soltanto 300 milioni per due vecchi progetti appena avviati e assimilati ai progetti Pnrr: un primo step del raddoppio della Decimomannu-Villamassargia e il collegamento dell’aeroporto di Olbia con la rete ferroviaria.

La Sardegna si è fatta cogliere ancora una volta impreparata, non aveva progetti pronti da far finanziare con gli investimenti europei. Soltanto nel 2015 ha cominciato a circolare nell’isola l’ipotesi di predisporre alcuni interventi per connettere aeroporti e stazioni con la rete ferroviaria. Idee, soltanto idee che non si sono mai concretizzate in progetti.
Il presidente Solinas si è reso conto di quel che stava per accadere quando i tempi per intervenire erano ormai ridotti al minimo. Ha tentato di rimediare inventandosi la penosa bugia dei 305 progetti inviati al Governo per inserirli nel piano nazionale del Pnrr accompagnati da una richiesta di finanziamenti per circa 7 miliardi. Progetti che, per la cronaca, nessuno ha mai visto e dei quali non risultava traccia neppure presso l’ufficio di protocollo della regione Sardegna e nelle segreterie dei ministeri. Probabilmente una raccolta di idee e proponimenti, ben altro rispetto ai progetti concreti e realizzabili che sarebbero stati utili e necessari.


Appare evidente quindi che alla base di quanto accade relativamente al sistema trasporti, sta l’inadeguatezza programmatoria delle giunte regionali del passato e di quella in carica che hanno condannato l’Isola alla non partecipazione alle azioni del Pnrr. Non ci sono stati finanziamenti del Pnrr perché non c’erano e non ci sono adeguati progetti. Con le sole idee, generiche e senza un’ipotesi strategica di sviluppo, non si ”canta messa” e ci si lega sempre più al sottosviluppo, alla marginalizzazione e all’assistenzialismo degli eventuali interventi statali.

Nessun complotto quindi, nessuna discriminazione contro l’Isola. La regione Sardegna, negli ultimi 25 anni non ha mostrato la ben che minima capacità di progettazione di opere e progetti infrastrutturali che potessero rientrare nelle indicazioni specifiche predisposte dall’Unione Europea per la presentazione dei progetti e l’erogazione dei fondi.
Certamente il problema dei trasporti è e resta strategico per lo sviluppo della Sardegna ma il Pnrr non può rappresentare la risoluzione dei problemi in assenza di una progettualità e di strategie di sviluppo in sintonia con le indicazioni del Recovery Plein e delle altre politiche di sviluppo nazionali e comunitarie.

Tutte le forze politiche presenti in regione sembrano concordare sull’importanza di realizzare nuove ferrovie. Il problema è che a tutt’oggi nessuno si sta preoccupando di progettarle e poco e niente è stato fatto per rafforzare la capacità progettuale e di spesa della regione. La conseguenza fin troppo facilmente prevedibile è che i miliardi del Pnrr che saranno indirizzati verso le altre regioni non faranno altro che allargare il divario esistente tra la rete ferroviaria sarda e quella nazionale.

Occorre un radicale cambio di mentalità, violare radicati tabù, battere la rassegnazione e il pessimismo cronico. E’ assolutamente necessario, direi imprescindibile, ricostruire la rete ferroviaria sarda secondo criteri e modalità adeguati ai tempi e alle necessità, con buona pace del compianto ing Benjamin Piercy che nell’ottocento realizzò l’attuale rete ferroviaria isolana, un’opera apprezzabile per quei tempi e per larga parte ancora non modificata. Lo stesso ingegnere Piercy, se fosse ancora tra noi, sarebbe il primo a dirci che il binario unico, i tratti ferroviari a scartamento ridotto, i percorsi inadeguati per incrementare la velocità dei nuovi treni, la mancata elettrificazione delle linee ferroviarie, non sono più compatibili con le necessità attuali della regione.

Ci si deve convincere che la riforma dei trasporti è assolutamente necessaria e che la si può e la si deve realizzare. Purtroppo non la si potrà realizzare con la prima quota di finanziamenti europei erogati in queste settimane che , come è noto, dovranno avere attuazione entro il 2026. Abbiamo perso “il treno” e altri ne perderemo se non cambierà la capacità propositiva dell’attuale Giunta. Occorre osare di più, fare un investimento strutturale per rifare la rete ferroviaria come intervento prioritario per avviare un nuovo sviluppo del sistema Sardegna.

Vediamo intanto che si può fare dopo aver preso atto che non si potrà fare affidamento sulla prima quota di finanziamenti del Pnrr. Il Governo Draghi, per bocca del ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, assicura che altre consistenti risorse saranno disponibili per finanziare progetti in Sardegna. Il Pnrr e il Fondo complementare non sono l’unica fonte finanziaria disponibile. Ci sono anche il Fondo Sviluppo e Coesione, gli 80 miliardi dei fondi europei 2021-2027 destinati all’Italia e i fondi pluriennali per gli investimenti. Il tema, quindi, non è ciò che al momento non si potrà fare con il Pnrr, ma come si può usare al meglio il quadro finanziario complessivo disponibile.

Per tale motivo il governo proporrà ai presidenti di regione l’apertura di tavoli territoriali e regionali per affrontare in modo sistemico la programmazione delle infrastrutture e dei trasporti dei prossimi anni. Naturalmente una parte dei fondi sarà decisa dalle Regioni, una parte dallo Stato ma resta di vitale importanza che ci sia una progettualità coordinata e complementare in modo da rafforzare gli interventi.
Sarà pure necessario avviare una seria riflessione sugli indirizzi programmatici da privilegiare compiendo scelte oculate. Per esempio, ha ancora senso pensare alla elettrificazione delle linee ferroviarie se, dietro l’angolo, si affaccia la prospettiva dei treni alimentati a idrogeno? Non c’è il rischio di spendere quasi inutilmente delle risorse per l’elettrificazione pur sapendo che tale pratica sarà presto desueta per l’arrivo dei treni alimentati con l’idrogeno? Per questo il presidente Draghi, nel colloquio dei giorni scorsi col presidente Solinas, ha posto l’accento sull’attenzione che il governo riserverà per la Sardegna.

Il tema delle ferrovie è certamente rilevante, ma lo è anche quello della manutenzione delle strade. Per questo entro settembre si procederà al commissariamento di 10 interventi sulla rete stradale della Sardegna per complessivi 1,8 miliardi di euro. Il commissario straordinario sarà probabilmente lo stesso presidente Solinas. Personalmente considererei tale eventualità abbastanza discutibile. Non si può mettere la volpe a fare la guardia al pollaio.
Per dieci opere di particolare importanza e urgenza per i trasporti stradale è previsto un percorso istruttorio super rapido che passa dal Consiglio superiore dei lavori pubblici in cui siederanno i rappresentanti dei vari ministeri per dare tutte le autorizzazioni richieste. La velocizzazione riguarderà tutte le fasi della realizzazione e tra queste la capacità delle Regioni e dei Comuni di procedere, ad esempio, alla preparazione dei bandi. Ciò che è accaduto finora nella predisposizione dei progetti non dovrà ripetersi in futuro.


La carenza di risorse umane competenti è spesso indicata come una delle cause dei ritardi. Negli accordi sottoscritti a luglio e agosto, in sede di conferenza Stato-Regioni sono stati già ripartiti 9 miliardi del Pnrr e soprattutto del fondo complementare. Ad agosto sono stati firmati i vari decreti e ora il concreto utilizzo delle risorse spetta di competenza alle Regioni e ai Comuni. Il governo monitorerà il processo e curerà, con concorsi già banditi, l’assunzione di personale qualificato da assegnare alle amministrazioni territoriali. Questo modo innovativo di procedere rappresenta una rivoluzione rispetto al passato che non riguarda solo il Governo, ma dovrà estendersi tutte le pubbliche amministrazioni.
Ma il problema principale, giova ripeterlo, resta comunque la capacità di progettazione della Regione che finora ha clamorosamente mancato gli obiettivi in termini di visione prospettica dello sviluppo e in termini di progettazione. Ora serve un’azione politica ben definita e immediata. Lo Stato deve riconoscere subito il gap infrastrutturale della Sardegna e deve fare diventare una priorità la progettazione di una nuova rete ferroviaria per l’isola. L’esempio del ponte Morandi ha dimostrato che anche l’Italia, quando si creano le condizioni necessarie sa essere efficiente e rapida nella progettazione ed esecuzione delle grandi opere. L’emergenza trasporti della Sardegna non è inferiore a quella della ricostruzione del ponte Morandi. Perché senza una rete moderna ed ecologica di trasporti l’isola è destinata a rimanere ai margini dei programmi di sviluppo.